Le idee si accavallano di questi tempi, e spesso è importante fissarle. In seguito alle puntate di "Vieni via con me" è tornato alla ribalta il problema del fine vita. Come è d'uso in Italia (ve l'ho già detto che siamo uno strano paese che talvolta è molto difficile da capire?) è più comodo mettere tutto in un calderone, piuttosto che chiarire le cose e fare in modo che chiunque possa fare una scelta o possa raggiungere una decisione non dico chiara, ma quantomeno informata.
Una bella definizione dell'intera questione mi sembra questa di Luca Sofri. Ma magari ce ne sono altre, intanto queste sono le cose che so.
- Se adesso, che sono nel pieno delle mie facoltà mentali, di fronte ad un ufficiale (ad un notaio, avvocato, giudice di pace), oppure scrivendolo di mio pugno, dico che desidero, in determinati casi (certo non se mi sono sbucciato un ginocchio), non essere tenuto in vita forzatamente, non è eutanasia. Ed ogni legge che impedisca il compimento delle mie disposizioni agirà in spregio alle mie volontà. Eppure apparentemente non è abbastanza.
- Se, dopo che mi è successo un incidente invalidante, che mi porti ad un livello di disperazione (ma potrebbe essere anche dolore, infermità) tale da, pur rimanendo cosciente, chiedere che mi vengano sospese le cure, anche in questo caso non è eutanasia, è una espressione del proprio volere, della determinazione della cura, e non c'è obiezione che tenga. Eppure questo non mi è permesso.
- Secondo me se qualcuno, anche un mio caro, si trova nella situazione di cui sopra, nessuno (e nemmeno io) ha il diritto di staccare la spina se non in presenza di precise esposizione di questa volontà.
- Come Luca Sofri, sono convinto che il problema non sia la scelta, se continuare a vivere o lasciarsi morire, ma che sia la possibilità di farla. Nel senso che, nel momento in cui ho elaborato delle disposizioni per la mia vita (e per esteso per la fine di essa), non si tratta di eutanasia, si tratta di dignità e rispetto. Due cose di fronte al quale un qualsiasi medico che "obietti" dovrebbe trovarsi di fronte ad un reato di abuso d'ufficio (o qualcosa del genere). Su questo non riesco a capire le associazioni pro-life, sul serio. La vita è una cosa sacra, certo e sacrosanto, ma è anche sacro il nostro libero arbitrio, la nostra capacità di elaborare scelte, dalle più semplici (allaccio prima la scarpa destra e poi la sinistra? Oppure il contrario?) alle più complicate (decido di rimanere in vita attaccato a delle macchine oppure decido di lasciare che la natura faccia il suo corso?). Impedire l'applicazione di questa scelta (personale, privata ed intoccabile) è contrario alle basi del vivere civile.
- Definizioni come "morte di stato", "omicidio di stato", "eutanasia di stato" sono quanto di più fuorviante in natura dopo i pomodori quadrati! E sarebbe ora che qualcuno lo dicesse!
Alla prossima
Rampa
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