Leggo su "Il Giornale" questo articolo interessante di Michele Brambilla.
Un paio di settimane fa, a Cortina, nel corso di un dibattito sui «vizi» di noi italiani, il corrispondente del prestigioso settimanale americano Time ha detto che «l’Italia è un Paese che gioca per il pareggio».Da questo giudizio, che come tutti quelli che arrivano dagli stranieri di primo impatto ci sembrano sempre un po' azzardati ("Ma che ne sanno loro del nostro paese?"), l'autore passa a parlare del rapporto dell'Invalsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) sui risultati degli esami di terza media di quest'anno.
In breve, dal campione esaminato, in un primo momento era sembrato che il Sud del paese fosse mediamente "più preparato" del Nord del Paese. I risultati così ottenuti erano stati "tarati" per modificare al ribasso la prestazione degli studenti del Sud, mettendo in conto che per la maggior parte questi aveva copiato e/o erano stati aiutati dagli studenti.
Il primo lancio d'agenzia, di un paio di giorni fa, aveva sollevato dubbi su chi ci fosse dietro a questa "taratura" e che fini questa avesse.
La Lega, subito chiamata in causa in questi casi, aveva detto una cosa del tipo "non centriamo niente", la Regione Campania aveva gridato allo scandalo.
La verità è che, come tutti gli istituti di ricerca, l'Invalsi ha delle tarature da applicare ai risultati che raccoglie che sono un po' il frutto degli studi precedenti, un po' l'applicazione di buon senso su larga scala (la macro economia è piena zeppa di variabili del genere, basti pensare alla Legge di Gresham sul comportamento degli operatori economici).
Quindi si è stabilito che quelli del Sud "barano", anzi, si è stabilito che quelli del Sud "barano" un po' di più di quelli del Nord, da cui la taratura.
Nell'articolo si dice che i professori del Sud, nel casino che ne consegue hanno pure ammesso di aver aiutato i ragazzi, per il nobile ideale di aiutarli nel futuro, per combattere il degrado della scuola al Sud.
Ok, bello tutto, dice Brambilla, ma anche per un proprio tornaconto, visto che l'Invalsi attraverso la valutazione degli studenti, di fatto valuta anche i professori.
Quindi, ammesso e non concesso che al Nord siano stati tutti ligi e bigi e non abbiano barato, mentre al Sud si, il problema che si pone ora è: come facciamo ad utilizzare questi dati per ripartire gli scarsi mezzi economici che si dedicano alla scuola?
Se i professori barano dovrebbero essere dati loro meno soldi, ma a spese di chi? Degli studenti ovvio! Però se i professori barano vuol dire che si rendono conto che la preparazione che possono dare ai loro studenti è meno "solida" degli altri, per mezzi e risorse che non hanno. Allora gli si dovrebbe dare più soldi e più risorse!
Io vado matto per i gatti che si mordono la coda! Quello che però salta all'occhio è un certo imprinting culturale che subiamo noi Italiani. Se da un lato è assolutamente vero che ci piace fare il minimo sforzo per rimanere a mezza classifica, dall'altro non abbiamo nessuno pensiero sul lungo termine. Questi ragazzi aiutati si troveranno senza una preparazione adeguata in futuro, i tagli che le scuole subiranno per l'analisi di questi risultati, si ripercuoteranno in futuro su gli alunni di domani.
E tutto questo per un guadagno immediato?
Boh!
Alla prossima
Rampa
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