domenica 20 settembre 2009

"Stay focused" e altri racconti

Audio Consigliato: David Bowie "This is not America"

Quando succedono cose grosse ultimamente sento il bisogno di aspettare a scrivere, di ricacciare indietro l'urgenza tipica del blogger di scrivere qualcosa, subito, d'impeto.
E' vero, capita spesso di vedere in giro opinioni di pancia, assolutamente arroccate sulle proprie idee. Non tutti hanno la bravura di Matteo Bordone, e quindi spesso le cose che leggo sui blog sono l'equivalente dei gruppi più stupidi di Facebook (non si può scrivere "Mi piace" o "Non mi piace" su qualsiasi argomento, eccheccazzo!).

Dunque, oramai lo sanno anche i sassi, Giovedì, a Kabul, sono morti 6 militari italiani in seguito ad un attentato suicida dei talebani ( o di chi per essi), ce ne sono anche 4 feriti. Ed è lutto nazionale.
Intendiamoci, alle famiglie delle vittime va tutta il mio affetto e tutto il mio rispetto, pur essendo fondamentalmente un pacifista, sono fermamente convinto che quei militari, quei ragazzi, che vanno a lavorare in situazioni pericolose ed incredibile e ciononostante riescono a lasciare un buon ricordo del loro sforzo, siano uno dei più belli segnali del nostro paese che lasciamo in giro per il mondo. Sono da considerare degli eroi, comunque, e devono avere tutto il nostro rispetto.
Però (in queste considerazioni c'è sempre un però che incasina la vita, avete notato?) bisognerebbe andare anche oltre e tentare di capire.
La prima domanda viene molto spontanea: fino a quando devono rimanere lì delle forze di pace. Non sto parlando di date, non sono rilevanti, ma se una forza di pace deve supplire alle carenze di uno stato allo sbando (come potrebbe essere un Afganistan dopo la sconfitta del regime dei Talebani), fino a quando deve coprire le carenze di una polizia locale che non c'è e di una forza militare che non viene creata? Per quanto tempo i militari italiani (ma anche quelli svedesi, polacchi e tutti gli altri) devono stare a Kabul a dirigere il traffico?
Sentivo per radio giovedì uno di quegli esperti di armi ed armamenti (mi sembra il direttore di una di quelle riviste di tattica militare..) che diceva che il ruolo dell'ordine pubblico in un paese occupato è molto pericoloso per una forza straniera di interposizione. E se lo dice un esperto, qualcosa vorrà pur dire.
La seconda domanda che mi viene in mente è che nel 2004 (dopo l'attentato di Nassirya) c'era stato un moto di orgoglio più alto in Italia, ricordo bandiere dovunque, che adesso non vedo più. Ci stiamo forse abituando? Stiamo lasciando forse sole le famiglie di quei ragazzi che sono andati in un posto pericoloso nella speranza di provvedere così al loro benessere?
La terza domanda è un po' più tecnica, seguitemi e vediamo se riesco a darle un senso: io ascolto spesso Radio 2, al pomeriggio ci sono tre programmi Condor (un programma di notizie lette con un taglio curioso, una specie di "Forse non tutti sanno che..."), 610 (un programma satirico, pieno di prese in giro della società di oggi) e Caterpillar (altro programma di informazione, con un taglio laterale, impegnato spesso in campagne civili e con una rete di contatti nel mondo dell'associazionismo). Non mi piacciono tutti ed in toto, ma non è importante.
Giovedì, non appena è successo l'attentato, la Radio decidere di togliere 610 dal palinsesto, ed invece di sostituirlo con un programma di approfondimento (chessò una diretta da Kabul....) sostanzialmente il suo tempo di onda viene suddiviso fra gli altri due programmi. I quali non essendo esperti di zone di guerra ed ong ed imprese militari si limitano a fare del loro. Così avviene anche Venerdì e così avverrà pure Lunedì, il giorno dei funerali.
Domanda, qual'è il senso di togliere un programma di satira? In tutti i giorni tranne il weekend (visto che sabato il remix del programma è andato in onda senza problemi!)? C'è forse la necessità di focalizzare il lutto impedendo alla gente di dimenticarselo?
Sono perplesso, molto perplesso

Alla prossima
Rampa

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