sabato 18 ottobre 2008

Tutta la vita davanti....

Audio Consigliato: Rolling Stones "Mixed Emotions"

Patrizia mi manda un articolo apparso ieri su Repubblica (questo), in cui un cronista si fa assumere per una settimana in una agenzia di call center e partecipa ad una specie di reality show in cui il volume dei contratti stretti con in clienti può essere causa come no di nominations.

Patrizia scrive:
Scusate è un pezzo un po' lungo, ma spero che qualcuno di voi, come ho fatto anch'io, possa riflettere su quanto è duro non avere un lavoro fisso e possa capire le mie e le altrui difficoltà.

La cosa mi ha fatto riflettere non poco. Non sono talmente vecchio da dimenticarmi le difficoltà provate nei primi lavori, quel poco di indipendenza economica raggiunta a fatica, quella tensione al "posto fisso" che mi spingeva in quegli anni.
Penso che il sistema che spinge a cercare lavori del genere, a collezionare lavori precari, sia una cosa in grado di minare la nostra società.

La precarietà del lavoro delle generazioni che escono dall'università o da cicli di studio ancora più bassi, è impressionante. Abbiamo tutti riso e ci siamo scandalizzati quando Padoa Schioppa ha definito gli odierni trentenni dei "bamboccioni", ma non ci siamo messi a pensare su perchè questa generazioni preferisca rimanere in casa con i genitori invece di uscire e rischiare.

Il mondo del lavoro attuale sembra trovare un sottile piacere a sottoporre le persone ad una sorta di "limbo" (contratti a termine, borse di studio, periodi di prova) le nuove generazioni, così come prova a un sottile piacere a non favorire il reintegro di persone uscite dal mondo del lavoro con una età "sbagliata" (non ci sono circuiti di reinserimento e formazione continua etc).

C'è la crisi, direte. Si ma la crisi non dovrebbe esimere lo stato dal soccorrere le fasce più disagiate della società, dal mettere in moto meccanismi di difesa dei lavoratori più deboli.

La domanda a questo punto è: ha senso limitare gli scioperi per legge oppure tagliare gli stipendi agli statali in ferie, oppure ancora dare mano libera alle ditte per i licenziamenti, e non invece preservare il lavoro delle persone, incentivare la formazione dei neo assunti, favorire contratti a tempo indeterminato piuttosto che contratti a termine? Che risultato potrebbe avere sull'economia una generazione di trentenni con una prospettiva più chiara del loro futuro?

Alla prossima
Rampa

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