martedì 9 febbraio 2010

Le parole di un padre

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Stamattina leggo su Repubblica.it questa lettera. La lettera di Beppino Englaro, come molte delle dichiarazioni di questo signore, dignitoso, misurato, è incisiva perchè non urla. Perchè non accusa, si limita a sottolineare quello che è successo, in un anno dalla morte di sua figlia...

Si chiede dove sono tutti quei politici che, un anno fa, si affannavano a legiferare per annullare una sentenza passata in giudicato, riflette su quali fossero, e siano tuttora, le vere spinte che stanno sotto la legge dei fine-vita che sta faticosamente facendo un iter burocratico..
Vedo che non hanno capito niente: i politici ne fanno una questione di conflitto di poteri, di chi decide che cosa. Dimenticano che la corte costituzionale s'è già espressa, avallando l'operato della magistratura di fronte a un cittadino che s'era rivolto a loro per il riconoscimento di un suo diritto. E se questi politici leggono bene la sentenza del 16 ottobre 2007, capiscono che è perfettamente allineata ai principi della nostra Costituzione.
E' la constatazione più evidente dello scollamento fra la politica e la sensibilità dell'elettorato. Quando il legislatore si trova a dover rincorrere delle decisioni che la gente ha già raggiunto per i fatti suoi, si trova a poter fare due cose: sancire e regolamentare un comportamento (legale) che viene applicato comunque, oppure applicare rigore e sanzionare un comportamento illegale e contrario all'ordine pubblico.
Come in altre occasioni, anche in questo caso, Beppino Englaro è una roccia, dal punto di vista etico e morale, la battaglia che ha assunto per tutelare il desiderio di una familiare, la scelta di combatterla entro i limiti del viver civile (l'anno scorso c'era un articolo di Roberto Saviano che diceva che avrebbe potuto benissimo, come fanno molti, pagare qualcuno per una scorciatoia), rimangono oltre la morte di Eluana, come un ultimo legato, un testamento, civile se non spirituale.

Alla prossima
Rampa

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