venerdì 11 luglio 2008

La vita e la morte

Audio Consigliato: Nick Cave & Kylie Minogue "Where the wild roses grow"

Questo post è formato da un insieme di considerazioni del tutto personali su un tema che mi ha sempre lasciato piuttosto turbato.
E' notizia di questi giorni del dramma della famiglia di Eluana Englaro, una ragazza che dal 1992 "vive" in stato vegetativo.
Basandosi sulla sentenza dello scorso 16 ottobre la corte di Cassazione, i giudici della Corte D'Appello Civile di Milano hanno concesso ai medici di staccare il sondino nasogastrico che la nutre a forza e porre quindi fine a quello che suo padre definisce un accanimento (la sua reazione è stata "Adesso la possiamo liberare").
Come è successo con parecchi casi negli ultimi anni (il caso di Piergiorgio Welby in Italia oppure quello di Terry Schiavo in America) si torna a discutere su quando sia legittimo chinare il capo e smettere di curare i malati terminali.
In realtà i casi di Piergiorgio e di Eluana sono molto diversi tra loro, in un caso abbiamo una ragazza ormai ridotta ad un guscio vuoto, con poche, se non nulle speranze di recupero (si parla di un importante emoraggia cerebrale che ha ucciso diverse parti dei tessuti del cervello) nell'altro abbiamo un uomo che esprimeva con tutta la forza rimasta in corpo la volontà di andarsene da questo mondo in pace e senza dolore.

Il problema è immenso, quanto diritto abbiamo noi di disporre di noi stessi? Se scrivessi adesso (in un computer che segna la data e l'ora) che se mi succedesse qualcosa desidero che sia donato tutto il donabile e che mi sia concesso di lasciare questo mondo senza imbarcarsi in terapie lunghe e costose, che valore avrebbe? Che tipo di legge riesce a tutelare chi fa questa scelta nello stesso modo in cui tutela chi non la fa?

In mezzo a queste domande si pongono dei dogmi inviolabili, ieri sera in televisione ho visto un parere del Dottor Umberto Veronesi, che sosteneva la necessità di mettere fine ad una vita che di fatto è finita da un sacco di tempo, mentre stamattina ho letto sull'Osservatore Romano un articolo di Adriano Pessina (Direttore del Centro di Ateneo di Bioetica Università Cattolica del Sacro Cuore) (che non riesco a linkare ma basta cercare Osservatore Romano su google) in cui dice che non è moralmente accettabile che un tutore possa aver potere di vita o di morte su di una persona.

Non sono d'accordo con la visione del Dott. Pessina, anzi sono fermamente convinto che in Italia ci sia bisogno di una normativa stringente sul testamento biologico, sono ormai anni che se ne parla e sono ormai anni che i credenti cattolici erigono barricate per impedire che si venga a capo di questa tematica.
Come non mi piace chi adesso, mentre sono bello pasciuto ed in salute, mette la bocca sulle mie scelte, non mi piacerà nemmeno chi metterà bocca sulla qualità della mia vita una volta che io non sarò in grado di decidere.
Che poi.... da una parte si sostiene che non sia moralmente accettabile concedere ad un tetraplegico o ad un paziente affetto da malattie degenerative di decidere come finire la propria esistenza e dall'altra si impediscono ricerche (le cellule staminali) che potrebbero curare le stesse malattie? Dov'è la morale in questo? Fortunatamente non ho avuto esperienze come quella dei familiari di Eluana, di Piergiorgio, di Leonardo David, e di moltissimi altri che non hanno avuto l'onore di balzare alle cronache, ma con queste premesse mi sentirei preso in giro e non poco.

Ammiro il coraggio e la forza di volontà del padre di Eluana e spero che il passo difficile che ha deciso di affrontare gli sia lieve e liberi finalmente sua figlia.

Alla prossima
Rampa

1 commento:

monica ha detto...

C'è un modo legale per bypassare la mancanza del testamento biologico, legalissimo, ma sconosciuto ai più. Esiste la figura dell'amministratore di sostegno che viene nominato dal tribunale nel momento in cui una persona non è in grado di scegliere per sè. In molti tribunali è possibile, con atto notorio, scegliersi il proprio amministratore. La differenza tra Eulala, Welby, Terry è che per loro i diritto di essere curati, anche con l'amministratore di cui sopra, non era possibile.
Così come è stata aggirata una legge ingiusta come la 40 (fecondazine medicalmente assistita) si potrà prima o poi permettere alle persone di decidere, in qualsiasi momento, di cambiare idea per una scelta già fatta.
Sto dicendo a tutti quelli che mi conoscono che NON voglio accanimento terapeutico, quindi se avrò fiato in gola, nonostante sia iscritta all'AIDO e portando sempre con me il tesserino, pretenderò nel momento in cui dovessi entrare in coma apallico (la situazione di Eulala) di tornare a casa e trovare un'anima pia, come il dr. Riccio, che mi permetterà di lasciare questo mondo senza dolore per me e col minore possibile per i miei cari.
Terry Schiavo è morta in modo barbaro, di fame e di sete, solo perchè se l'eutanasia passiva è "accettata" l'attiva è un omicidio.
Non so se lo sia, so solo che la distanza tra i due è una linea sottilissima, che rischia di sfociare i eugenetica e in altri modi di infima eticità.
Quello che mi fa ribellare e urlare di rabbia è perchè una serie di uomini in nero si prende la briga di decidere per me, per un mussulmano, un buddista, un ebreo e via discorrendo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
Aprire bocca e dargli fiato è facile, ma non si dice, al massimo viene sussurrato da atei comunisti, che papa Giovanni Paolo II ha voluto, e gli è stata concessa, sicuramente l'eutanasia passiva. Ho rifiutato e hanno dovuto accettare l'ennesimo inutile ricovero in ospedale.
Non so cosa farà il papà di Eulala. Ha conbattuto una battaglia tremende per la figlia, l'ha vinta per lei. Mi auguro e gli auguro di avere la forza di dimostare con l'ultimo gesto, per me di amore, di lascirla andare.
Qualche cosa si sta muovendo, anche tra i medici e i magistrati. I medici non sono più dei col potere di vita e di morte (e questo pesa molto ad alcuni miei colleghi) e i giudici iniziano a leggere anche vecchie leggi, del lontano 1948 in cui si afferma il diritto, non il dovere, di essere curati. C'è solo un'eccezione a questo diritto: la malattia mentale che rende il soggetto pericolo per gli altri. Nemmeno una malattia infettiva può essere curata se il malato non vuole, si può solo imporre l'isolamento se si rischia un'epidemia.
E non credo di sbagliarmi quando affermo che i medici voglio una legge dentro la quale potersi muovere senza essere accusati di omicidio volontario con aggravanti specifiche.

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